- Montebeni: Luci intermittenti di eternità
Charles Baudelaire definisce così la fotografia,
ossia "l'apparire nel tempo sospeso dell'immagine,
non della finitezza ma della dimensione infinita del reale.[...]
Solo nel punto di massima tangenza con la modernità
il tempo può essere sospeso e divenire luogo di redenzione
per mezzo della bellezza".
La volontà dell'architetto che, nella preghiera delle ombre,
immaginava lo spazio vincere la gravità e attingere allo spirito,
cede il passo a un quotidiano fatto di piccole presenze e gesti
ripetuti nella costante ricerca d'eternità.
La luce, ortografia del visibile e metronomo della redenzione,
è corrimano dell'etereo che ci mostra l'Architettura
come luogo di rappresentazione del mondo in una dimensione
narrativa dei luoghi nei quali il conflitto del reale
allarga la visione dell'esistenza e accomuna in un unico piano
spazio-temporale il progettista, l'oggetto architettonico,
e coloro che, nel tempo, attribuiranno ai muri, alle pietre, agli angoli,
emozioni, ricordi e aspirazioni.
Il racconto fotografico, composto di 13 scatti, segna il calendario
delle ore che contornano le funzioni del sabato e della domenica:
uniche due celebrazioni settimanali.
Il formato della foto lascia molto spazio bianco intorno, negazione voluta,
testimonianza di come l'archittettura, sola, decade a contenitore
privo di contenuto e quindi incapace di attendere alla perfezione
senza la stratigrafia del vissuto che, evidentemente,
non poteva essere rinchiuso nei quattro lati di un'inquadratura.